Rivoluzionaria scoperta sul dolore cronico

Il dolore cronico affligge milioni di persone nel mondo, ne soffrono anche molti pazienti ematologici. È un genere di dolore che non dà tregua a chi lo prova, nonostante i trattamenti farmacologici e gli interventi fisiatrici. Il dolore cronico è una vera e propria patologia, ne abbiamo già scritto. 

Torniamo sull’argomento, perché recentemente è apparso sulla rivista Nature Neuroscience uno studio che potrebbe cambiare le prospettive future di moltissimi pazienti. In meglio, naturalmente. Quattro pazienti si sono sottoposti a uno speciale test, facendosi impiantare nel cervello degli elettrodi dall’equipe di Prasad Shirvalkar, neurologo dell’Università della California. I pazienti erano affetti da dolore cronico, conseguenza di malattie importanti come l’ictus o di una amputazione (in questo caso il dolore proviene dall’arto che non c’è più; in gergo si definisce fantasma).  

I piccoli dispositivi, sistemati in determinate aree cerebrali, sono serviti a registrare l’attività elettrica della corteccia anteriore cingolata e della corteccia orbitofrontale. Ogni paziente era stato invitato a premere, inoltre, dei pulsanti su uno speciale telecomando. Non solo, per alcuni mesi (dai tre ai sei), ai pazienti oggetto della ricerca è stato chiesto di compilare dei questionari sul tipo di dolore provato, nell’arco della giornata. 

Il sistema usato dai chirurghi e dai medici che hanno condotto la ricerca è quello del machine learning. Si tratta di un sottoinsieme dell’Intelligenza Artificiale che consente di creare sistemi che migliorano le performance in base ai dati che raccolgono. Per intenderci, il machine learning viene utilizzato nella vita di tutti i giorni; ha infatti diversi ambiti di applicazione. Quando si interagisce nell’ambiente social media (anche semplicemente inviando un messaggio, lo facciamo tutti ogni giorno) si sta utilizzando un sistema di questo genere, che si serve di algoritmi proprio per garantire un’interazione efficace macchina-uomo. Una esemplificazione, la nostra, per dare un’idea di cosa sia la tecnologia impiegata dai medici di San Francisco, nella ricerca citata anche dalla rivista Focus. 

Gli scienziati hanno collegato i segnali elettrici ai dati annotati dai pazienti sul dolore avvertito. In questo modo, essi hanno avuto accesso all’attività del cervello durante la percezione del dolore, nel corso della giornata tipo del paziente. Hanno quindi potuto fare osservazioni sul campo, per così dire, non semplicemente basandosi sulle relazioni dei pazienti, su quanto da loro riferito. 

L’elemento nuovo è dato dal fatto che le persone esaminate sono state seguite durante le loro attività quotidiane. È facile immaginare che i risultati debbano essere differenti da quelli ottenuti con una TAC o una PET, eseguite in maniera estemporanea. A quanto pare, i ricercatori hanno scoperto che nella manifestazione del dolore cronico è coinvolta maggiormente la corteccia orbitofrontale. L’area del cervello interessata in caso di dolore acuto non cronico non è la stessa. 

Si tratta di una scoperta importantissima, perché potrebbe aprire la strada a nuove ricerche e a trattamenti specifici e soprattutto più efficaci di quelli attuali contro il dolore cronico. Oggi si usa una tecnica invasiva per controllare il dolore cronico profondo, in alcuni casi limite, pazienti malati di Parkinson per esempio. 

Questo studio è l’ennesima prova di quanto sia importante, per la vita presente e futura di tutti noi, la ricerca scientifica. L’AIL di Taranto ha organizzato un grande concerto in favore dei pazienti ematologici e della ricerca scientifica. I fondi raccolti sono destinati a essere impiegati per il bene della comunità. I biglietti per il concerto del 21 giugno La macchina del tempo 80’S Music sono disponibili, ancora per poco. Non perdere l’opportunità di partecipare a un grande evento (vedi come sulla nostra pagina Facebook e sul sito) e, al tempo stesso, di sostenere l’AIL e la ricerca scientifica. Grazie! 

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