Nuova scoperta: una proteina stabilisce la prognosi della leucemia linfatica cronica

La leucemia linfatica cronica è la patologia ematologica più diffusa nel mondo occidentale. Gli studi sulla malattia forniscono, ogni volta, nuovi particolari, utili a migliorare le terapie e l’approccio al paziente.

Una recente ricerca pubblicata sul Journal of Leukocyte Biology rivela che un determinato marker proteico consentirebbe di distinguere i pazienti con forme stabili di leucemia linfatica cronica da quelli che invece presentano una patologia più aggressiva.

Un risultato importantissimo per la scienza e per la pratica medica. L’identificazione di tale proteina sarebbe infatti fondamentale per formulare la prognosi del quadro clinico del paziente. Non solo, la presenza o meno del marcatore permetterebbe di indicare gli obiettivi terapeutici dei ricercatori impegnati nell’individuazione di nuove cure.

Come si legge su Science Magazine, i risultati sono il frutto di un approccio biologico significativo che indaga la composizione proteica delle cellule, nelle persone affette da leucemia linfatica cronica. Una prospettiva grazie alla quale è possibile avere informazioni importanti sulla patologia, in una fase precoce della stessa, quando le caratteristiche cliniche dei pazienti sono più o meno simili. Lo sono talmente tanto da impedire ai medici di fare previsioni sul decorso della malattia.

Con la scoperta del marcatore proteico, si passerebbe ad un livello superiore di diagnosi. Sapere quali siano le caratteristiche, a livello cellulare, della patologia permetterebbe di “battere sul tempo” la leucemia. Garantire ai pazienti cure più efficaci è possibile, se la ricerca scientifica diviene sempre più mirata.

“I nostri risultati mostrano che il profilo della proteina può, in ogni caso, dirci in che modo la malattia si evolverà ulteriormente – ha dichiarato Cristina Bagacean del Brest University Hospital Centre, in Francia”.

Con l’assistenza ai pazienti ematologici, la ricerca scientifica rappresenta il cuore della missione dell’AIL. I volontari della Sezione provinciale di Taranto sono sempre attenti nel dare rilievo alle nuove pubblicazioni. Le notizie che riguardano i progressi della scienza, a qualsiasi latitudine essi si registrino, vanno diffuse. Sono la prova che l’impegno dei volontari e dei donatori trova sbocchi importanti, nei risultati che si raccolgono con frequenza sempre maggiore.

I successi della ricerca sono le guarigioni dei pazienti che nel corso della loro malattia hanno visto crescere le speranze, fino alla remissione completa della patologia. In alcuni casi quello che sembra impossibile, al momento della diagnosi, diventa reale col passare dei mesi. Perché la ricerca corre veloce. Le false speranze non appartengono alla grande famiglia AIL, i risultati concreti invece sì. Sono il suo pane quotidiano. Abbracciamo i valori dell’AIL, finanzieremo la ricerca scientifica e contribuiremo a restituire la speranza, il sorriso a tanti pazienti. Per scegliere le bomboniere solidali, consultare la pagina dedicata del sito. Per donare il 5×1000 all’Associazione fondata da Franco Mandelli, il codice fiscale AIL è il seguente: 80102390582.

Onda di calore. Come proteggere le persone vulnerabili

Siamo nel pieno di una nuova ondata di calore. L’allerta meteo riguarda tutta l’Italia, in particolar modo le regioni del Sud. Inoltre, su Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Lazio e Marche è atteso l’arrivo della sabbia del Sahara. Il cielo potrà tingersi di un colore giallognolo o rosso, soprattutto nelle prime ore della giornata e al tramonto.

Il fenomeno non è preoccupante, occorre invece prepararsi ad attraversare al meglio questo nuovo intervallo di tempo caratterizzato da afa e temperature che, nelle previsioni, supereranno i 40°C. Cosa fare per evitare le conseguenze più frequenti del caldo intenso?

È consigliabile, per tutti, ma soprattutto per i pazienti ematologici, e per chi è affetto da una patologia cronica, così come per gli anziani, adottare particolari misure al fine di prevenire gli effetti negativi del caldo eccessivo.

I modelli meteorologici indicano un cambiamento del clima solo dopo la prima settimana di agosto, quindi l’onda di calore sarà verosimilmente lunga.

La Sezione AIL di Taranto offre, attraverso questo articolo, qualche consiglio alle persone più fragili. Hanno sicuramente una ridotta capacità di sopportare le temperature elevate e l’eccesso di umidità.

Limitare l’esposizione al sole e restare negli ambienti raffrescati, evitando di uscire nelle ore centrali della giornata è la prima raccomandazione da seguire. Può essere utile anche raffreddare la superficie della pelle, passando ogni tanto un panno umido su viso, collo, braccia e gambe. Bere e mangiare tanta frutta e verdura è la regola d’oro per evitare la disidratazione.

Non bisogna attendere lo stimolo della sete, occorre invece consumare un bicchiere d’acqua a intervalli regolari, in modo che si riesca a bere almeno 1,5/2 litri di acqua al giorno. Evitare l’alcol è un altro sistema per sudare meno, mentre è importantissimo non smettere di alimentarsi.

Nelle persone in terapia, per patologie ematologiche o di altro genere, e negli anziani, l’appetito può venire meno, per effetto dei farmaci. Il calore, in questo caso, non aiuta. Ecco che diventa quasi naturale rinunciare a qualche pasto. Niente di più sbagliato.

È invece necessario continuare a mangiare, senza saltare i pasti. Magari è opportuno modificare la dieta, evitando i cibi grassi e gli zuccheri in eccesso. Alcuni pazienti, ematologici e non, hanno già ricevuto dai medici una dieta specifica. Continuare a seguirla o rivolgersi al personale sanitario, nel caso in cui non si riesca a rispettarla, è la scelta migliore. Saranno gli specialisti a suggerire modifiche del regime alimentare utili a restare in forma, nonostante le alte temperature.

Anche le persone con disturbi psichiatrici sono considerate soggetti fragili, dovrebbero quindi essere adeguatamente protette. I pazienti ematologici sanno di poter contare, per una corretta informazione, oltre che per l’assistenza medica e psicologica, sui volontari dell’AIL di Taranto.

Sosteniamo l’AIL, offriremo un grande aiuto a chi soffre e alimenteremo la ricerca scientifica. Per donare il 5X1000 all’Associazione il codice fiscale da scrivere nell’apposito spazio del modello 730 o Unico è il seguente: 80102390582.

Interferone per curare la leucemia a cellule capellute

L’interferone sembra avere un ruolo importante nell’esito della Covid-19 (o del Covid, a seconda del sostantivo sottinteso). Sicuramente è un validissimo aiuto per i pazienti ematologici che non possono sottoporsi alla chemioterapia. Viene somministrato in particolare alle persone affette da leucemia a cellule capellute. Uno studio pubblicato recentemente sul British Journal of Hematology dimostra che l’interferone è un’arma più che valida nel combattere questo genere di leucemia.

Si tratta di una molecola biologica che l’organismo produce nel corso di un’infezione virale. Oggi viene impiegata dalla medicina anche nella cura delle malattie degenerative. Appartiene alla categoria delle citochine e venne scoperta negli anni Cinquanta da due ricercatori giapponesi. Deve il suo nome alla sua capacità di interferire con le funzioni del virus. La molecola, infatti, è in grado di bloccare l’attività di replicazione dell’agente patogeno, mettendo in moto le difese dell’organismo.

Sul sito della Fondazione Gimema – Franco Mandelli si legge: l’interferone è stato il primo farmaco, ormai venti-trent’anni fa, a dimostrarsi attivo nei confronti della leucemia a cellule capellute. Poi è stato sostituito da una terapia a base di chemioterapici che si sono dimostrati più efficaci e hanno permesso di raggiungere nella quasi totalità dei casi una remissione completa della patologia, anche sul lungo periodo.

La nuova ricerca restituisce una speranza concreta ai tanti pazienti con leucemia a cellule capellute impossibilitati a seguire cicli di chemioterapia. Alessandro Pulsoni, responsabile dello studio e professore all’Università Sapienza di Roma, ha analizzato, con il suo team di ricercatori, una grande quantità di dati degli ultimi trent’anni, a partire dalle cartelle cliniche di 74 pazienti.

Sono stati confermati gli effetti positivi dell’interferone sul lungo periodo. La molecola ha tenuto sotto controllo la malattia nella maggior parte dei pazienti esaminati, senza causare particolari effetti avversi. La sopravvivenza alla malattia a 5 anni ha raggiunto percentuali tra il 95 e il 96%. Altissime, dunque.

Le strade terapeutiche nei prossimi anni saranno diverse, per quante sono le tipologie di pazienti da trattare. È uno dei successi della ricerca scientifica. Per la cura della leucemia a cellule capellute la nuova frontiera è rappresentata dagli anticorpi monoclonali, come il rituximab. I monoclonali sono stati protagonisti delle cronache anche per quel che riguarda il nuovo coronavirus. Impiegati nelle primissime fasi della malattia Covid-19 danno ottimi risultati.

Quanto alla leucemia sono in fase di sperimentazione altri medicinali. Ecco perché è fondamentale contribuire allo sviluppo della ricerca, attraverso l’AIL. Siamo nelle settimane in cui solitamente si fa la dichiarazione dei redditi. Donare il 5X1000 è una dei tanti modi che abbiamo per sostenere l’Associazione fondata dal professor Franco Mandelli. Offrire un contributo all’AIL significa non essere sordi nei confronti delle sofferenze altrui e, al tempo stesso, pensare al futuro di tutti: un domani migliore, con sempre nuove cure a disposizione e la prospettiva concreta di sconfiggere malattie ritenute, fino a poco tempo fa, incurabili. Sosteniamo l’AIL scrivendo nell’apposito spazio del modello 730 o dell’Unico il codice fiscale dell’Associazione: 80102390582. Grazie a tutti!