Prevedere l’esito di un trapianto. Con il nostro contributo, la scienza potrà

Poter prevedere la reazione dell’organismo al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, nel caso dei pazienti con malattie mielodisplastiche, sarebbe una grande conquista. Le sindromi mielodisplastiche sono causate dal danneggiamento delle cellule staminali del midollo osseo. Chi è colpito da questo genere di disturbi (si tratta di un fenomeno eterogeneo; esiste cioè un insieme di malattie definite sindromi mielodisplastiche), corre un elevato rischio di sviluppare una leucemia mieloide acuta. 

I sintomi sono associabili ad altre malattie ematologiche. Comprendono, in genere, il pallore del volto, l’affaticamento, la debolezza, le infezioni frequenti, la febbre, i sanguinamenti delle mucose e i lividi. Possono comparire, accanto a quelli elencati, altri sintomi evidenziabili attraverso le analisi ematiche. 

La scienza in realtà è vicinissima a comprendere in che modo possa reagire il paziente dopo un trapianto di cellule staminali ematopoietiche (l’unico trattamento per queste sindromi; non tutti i pazienti sono candidabili a questo tipo di intervento). Esiste uno studio in proposito guidato da Matteo Giovanni Della Porta e sostenuto dall’Airc.

I dati presi in esame appartengono a tremila pazienti con questo genere di patologia. I dati sono stati classificati geneticamente, e i pazienti sono stati seguiti per tre anni. È proprio la durata dello studio ad aver permesso ai ricercatori di arrivare a un risultato. Sembra siano state individuate alcune mutazioni genetiche utili a prevedere la risposta dei pazienti al trapianto. 

C’è una scala del rischio che è possibile tracciare, stando alle conclusioni della ricerca. Sul gradino più basso si troverebbero tutti i pazienti candidabili al trapianto, perché con rischio basso di sviluppare effetti avversi e alte probabilità di efficacia del trattamento. Sui gradini più alti sarebbero invece collocati coloro per i quali il trapianto non si rivelerebbe risolutivo. 

Le evidenze mostrano quindi chi sarebbe candidabile, con una buona percentuale di successo, al trapianto e chi no. Queste ultime persone non possono, in ogni caso, considerarsi orfane di possibilità; per loro si avvierebbero evidentemente altre strategie terapeutiche. Poter sapere con largo anticipo quale potrebbe essere l’esito del trapianto consentirebbe ai medici di guadagnare tempo, sulla tabella di marcia delle terapie e delle cure. Non c’è niente di più importante, se si escludono le possibilità di guarigione e la qualità di vita, del poter agire anticipando i tempi, del poter battere la malattia sul tempo. 

Diamo una mano alla ricerca, corriamo questa maratona importantissima tutti insieme. Battiamo le malattie del sangue sul tempo. Contribuiamo alla ricerca scientifica attraverso una o più donazioni all’AIL. Anche i piccoli contributi sono essenziali, nel mare di quel che si può fare per essere al fianco dei pazienti e di chi studia, ogni giorno, il modo per sconfiggere leucemie, mielomi e linfomi. 

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